sabato 14 febbraio 2009

Rapporto radio/televisione

Esistono molte differenze sostanziali tra i due tipi di mass media, oltre al fatto che uno punta solo sul messaggio sonoro. Anche se esistono da ambedue le parti un editore, un palinsesto e un bilancio da controllare, la radio si differenzia perché al posto dei presentatori ci sono gli speaker (cioè colui che intrattiene il pubblico). Accanto a questi si trovano i registi che regolano la messa in onda e soprattutto lanciano spot pubblicitari.

Infatti, come ogni mezzo di comunicazione di massa, anche la radio offre alle aziende che vogliono pubblicizzare il loro prodotto la possibilità di mandare in onda per qualche minuto una serie di spot. E qui entrano in gioco le opinioni degli ascoltatori: per esempio coloro che cercano di ascoltare della musica alla radio si ritrovano un'interruzione irritante che provoca nella maggior parte dei casi il cambiamento della stazione radio.
E quì l'ascoltatore si chiederà se è giusto che si debba usufruire di un serivio a metà (cioè si sceglie spontaneamente di ascoltare la radio, ma non si decidono le varie interruzioni).

Cambiando argomento e ritornando al rapporto tra i due mezzi di comunicazione, c'è da considerare il fatto che spesso la gente è convinta di non rimandare segnali di feedback agli emittenti (radiofonici e televisivi). In pratica si crede che ci venga inviato il messaggio dalla fonte, ma che quest'ultima non riceva una nostra risposta: il tipico caso di broadcasting (messaggio unidirezionale inviato da uno verso molti).

Contrariamente alle nostre aspettative bosogna considerare che la televisione sfrutta l'auditel, mentre la radio l'audiradio, ossia quella società o ente che si occupano di registrare gli ascolti ogni qual volta noi accendiamo il mezzo, cambiamo canale, se restiamo sintonizzati per dieci minuti o per tre ore e così via...

Con questa argomentazione possiamo pensare di essere sempre più controllati, o assistiti... dipende da quello che la persona crede.

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